Studiando, mi sono imbattuta in un passo che vorrei condividere con voi:
«Nella nostra cultura, sempre più "salutista" e consapevole del corpo, il corpo politicamente corretto è, per entrambi i sessi, quello magro, forte, androgino, fisicamente in forma, attraverso cui si rendono leggibili e manifesti quei valori culturali fondamentali di autonomia, solidità, competitività, giovinezza e autocontrollo (Pollitt, 1982). [...] la salute è considerata sempre di più come una condizione da conquistare, piuttosto che come uno stato di fatto, e ci si aspetta da ogni individuo che egli "si impegni" per diventare forte, in forma, sano. Inversamente, una salute precaria non è più percepita come fatto accidentale, un mero scherzo della natura, ma è imputata all'incapacità dell'individuo di vivere in modo corretto, di nutrirsi bene, di tenersi in esercizio e così via. Potremmo chiederci, allora, che cosa la nostra società voglia da questo tipo di corpo. Lloyd DeMause (1984) ha teorizzato che la mania del fitness e della forza fisica sarebbe il riflesso di una preparazione internazionale alla guerra. L'irrobustirsi e indurirsi della fibra nazionale verrebbe a corrispondere all'irrobustirsi dei corpi individuali. Nell'attitudine e nell'ideologia che presiedono all'attività del fitness e dell'autotutela, si esprime un'etica affine al militarismo come pure al darwinismo sociale: coloro che sono agili e in forma vincono, quelli grassi e fiacchi perdono e si emarginano così dalla razza umana (Scheper-Huges, Stein, 1987). Robert Crawford (1980, 1984), invece, ha ipotizzato che il movimento del fitness possa rispecchiare una difesa patetica e individualizzata (e anche del tutto inadeguata) contro la minaccia dell'olocausto nucleare.
Più che forte e in forma, il corpo politicamente (ed economicamente) corretto può racchiudere delle distorsioni grottesche dell'anatomia umana, e ne sono un esempio, in tempi e luoghi diversi, i piedi fasciati delle donne cinesi (Daly, 1978), o il modello estetico del girovita di 40 centimetri delle signore del Sud prima della guerra di secessione (Kunzle, 1981), o il pallore tubercolotico dei romantici del XIX secolo (Sontag, 1977)
Crawford (1984) ha interpretato i disturbi alimentari e le distorsioni dell'immagine corporea che si esprimono nella pratica del jogging ossessivo, nell'anoressia e nella bulimia, come una mediazione simbolica delle pretese contraddittorie della società [...] post-industriale. L'ingiunzione, doppiamente vincolante, di essere lavoratori autocontrollati, in forma e produttivi, e allo stesso tempo consumatori autoindulgenti ed edonisti, è distruttiva, in particolare per l'immagine che la donna [...] ha di sé.
Mentre da una parte ci si aspetta che sia un'amante bramosa e sensuale, dall'altra deve stare attenta a restare magra, piacevole e autodisciplinata. Dal momento, però, che non si può essere allo stesso tempo edonisti e autocontrollati, si può finire con l'alternare fasi di ingordigia alimentare e alcolismo a fasi di eccessivo esercizio fisico e di induzione del vomito, o ci si sottopone a purghe ricorrenti. Da questa ciclica risoluzione dell'ingiunzione a consumare e a conservare, è nata, secondo Crawford, l'attuale epidemia di disturbi alimentari (specialmente di bulimia) tra le giovani donne, alcune delle quali, in questa alternanza di regimi alimentari opposti, si possono procurare anche la morte».
da "Un approccio critico-interpretativo in antropologia medica: rituali e pratiche disciplinari e di protesta" di Margaret Lock e Nancy Scheper-Huges in Antropologia medica di Ivo Quaranta
Voi che ne pensate?
Io, pensando alla nostra società, sono particolarmente colpita di fronte alla colpevolizzazione del "non bello" e del "non sano", considerati come effetto di una mancanza di disciplina e autocontrollo.
Poi, pensando ad un'Italia televisiva, rappresentata da una parte dalle veline e dall'altra da Gerry Scotti, mi chiedo se siano soprattutto le donne a subire pressioni perchè abbiano un corpo socialmente adeguato. Io penso di sì, ma perchè? Quanto c'è di imposto e quanto di autoimposto? Chi ci guadagna?
2 commenti:
Non avevo mai sentito questa teoria secondo cui si allenerebbe il corpo per prepararsi alla guerra, immagino visti gli anni che si trattasse più che altro di reazioni psicologiche alla guerra fredda.
Per i nostri giorni l'ho sempre vista più come una ricerca di bellezza, o di salute ma in modo ossessivo e quindi in fin dei conti non sano. Noto però la differenza con l'idea dei nonni o dei parenti più anziani secondo cui "grasso=in salute", derivata dagli stenti della guerra ed in generale del passato. Ora, che non abbiamo problemi di questo tipo e anzi esiste tutto un mercato di cibi-spazzatura si è giunti all'estremo opposto per cui la magrezza anche eccessiva è il modello a cui mirare.
Di mio sono per l'ipotesi dell'autocontrollo e per le pressioni delle industrie che intorno a queste cose creano un mercato galattico di pillole, dietologi, palestre, creme...
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